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Avvenire, Nuovi poeti contro la malora

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Avvenire, Nuovi poeti contro la malora

Nuovi poeti contro la malora. A Roma il 28 ottobre, presso la affascinante Villa Celimontana della società Geografica, si sono dati appuntamento una quindicina di poeti. Sono quasi tutti giovani e giovanissimi, vengono da varie parti d’Italia. Per dare un segno contro la malora. E’ il terzo appuntamento di “Educare alla bellezza”, voluto dalla fondazione Claudi, preseiduta dal Prof. Massimo Ciambotti. Terzo appuntamento romano, dopo l’Atelier delle arti e altre iniziative come la mostra d’arte in corso nella medesima Villa, rivolto a dare un segno: la crisi non è l’ultima parola nella crisi. Cosa può fare, cosa può essere infatti l’arte in tempi di crisi ? Può essere il gesto, l’artiglio, il dolcissimo violento gesto con cui si toglie alla crisi l’ultima parola. Perché l’ultima parola che la crisi vorrebbe pronunciare sugli uomini è “malora”. Ma l’arte è uno dei modi con cui si toglie l’ultima parola, con cui si evita a questa situazione di diventare –come suggeriva lucidamente Mario Luzi – crisi della crisi, ovvero passaggio senza acquisto, chiuso corridoio, solo sbattere di porte che si chiudono. Divenendo da crisi a malora, da crisi a depressione. Da crisi a paresi. Si potrebbe dire che l’arte è uno dei modi con cui la crisi diventa o rimane se stessa, si presenta come possibile passaggio di coscienza, come momento del viaggio e non palude. I giovani poeti che leggeranno, e che ascolteranno alcuni dei migliori poeti contemporanei –Damiani, Di Consoli, Mencarelli tra gli altri- e che ascolteranno in Walter Mauro l’esperienza di chi aveva a lezione Ungaretti, non presenteranno né ricette economiche, né slogan politici. Non si accontenteranno della protesta, di dare un ennesimo contributo alla generale malora. Che è la cosa più facile. Il loro stare nella crisi sarà da strane sentinelle. Sarà da sismografi degli indebitamenti e delle manovre del profondo. Non si dedicheranno a gesti che siano dentro o fuorilegge. Faranno un’altra cosa. Che è sopra e sotto la legge. Non mostreranno la crisi dei mercati o delle borse, ma delle anime e del respiro. Non la crisi dell’euro, ma la crisi della speranza che trascina nella sua le crisi di monete e mercati, di sistemi e di governi. e le possibili riprese, le visioni grandi e minime da cui si rammaglia il mondo, come dice Seamus Heaney. Non si metteranno a fare l’ennesima facile, moralistica, predicuccia poltica o antipolitica. Scenderanno nell’umano e nell’antiumano. In quel che nelle crisi sempre erompe e si afferma.  Non si accomoderanno nel teatro che sempre ci fanno vedere di proteste e di dibattiti economici, con protagonisti che cambiano la parte, modificano qualche battuta, ma sono sempre i medesimi. Scenderanno nei teatri di quel che non vogliamo vedere di noi. A quel livello del reale in cui nessuna telecamera può scendere. E da cui sale, rovinosa, magnifica, curiosa, la parola poetica. Non sarà un discorso privato, non sarà un discorso politico. Sarà un altro discorrere, un altro parlare. Sarà, per dirla con Mandel’stam, “aria rubata” all’irrespirabile miasma di luoghi comuni, di parole a vanvera, di slogan a basso costo che ci circonda. Ma “aria” appunto, luogo in cui respirare e trovare lena per i passaggi duri che ci attendono. Si tratta di giovani che non hanno le stesse idee, non fanno ragionamenti simili sul governo o contro il governo. Fanno un'altra cosa.  Accettano la stessa sfida: dare voce all’umano, dare voce a quel che voce non ha quasi mai. Guardarsi in faccia, come primo gesto autentico di chi sta nella crisi senza barare. E solo così sa che da questa passerà felicemente, speranzosamente, umanamente ad altre crisi, ma crescendo non diminuendo in spessore umano.