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Avvenire, L’astuzia o l’angoscia ?

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Avvenire, L’astuzia o l’angoscia ?

L’astuzia o l’angoscia ? Quale dei due demoni furiosi e divoranti si è impadroniti della mente di Baricco ? O forse entrambi colluttano, si azzuffano lasciandolo stordito e biascicante ? Nella sua recente intervista lanciata dall’inserto de La Repubblica sostiene che a letteratura non è (più) un’arte e che il massimo è la “sparizione”. Parrebbe che il primo concetto (la letteratura non è un’arte) sia segno dell’angoscia che prende lo scrittore incapace di arte, e il secondo (la sparizione) sia una trovata astuta per chi si fa fotografare come un Bredpitt delle lettere in copertina dell’apparentissimo rotocalco. Invece io credo che l’ordine sia da rovesciare, i demoni baricchidi lavorano al contrario. Il primo concetto, agghindato con rimasticamenti di vecchi pregiudizi contro l’ispirazione (salvo poi dover ammettere che qualcosa di simile lo riguarda) e da altre grandi scoperte come il fatto che il mestiere di scrivere non è diverso dal fare che so, un buon paio di scarpe, è farina del demone dell’astuzia. Non avendo nuovi argomenti se non se stesso, Baricco per lanciare il suo nuovo libro dove parla di uno scrittore che cessa di scrivere, prova astutamente a farci credere che tale questione sia nuova e interessante. Ma non fa che ripetere vecchi luoghi comuni, logori ormai e malati da un decadente senso di superiorità. Solo chi deve abbandonare con malinconia un certo senso di superiorità dello scrittore rispetto al resto degli umani, può infatti farci perdere tempo nella “rivoluzionaria” dichiarazione che fare un buon libro di narrativa ha la stessa dignità di fare un buon prodotto artigianale. Lo hanno sempre detto tutti i grandi scrittori (“miglior fabbro” era metafora dantesca che qualcosa vuol dire). Per digerire questa sua amara scoperta di valere quanto un ciabattino, il Grande Scrittore de La Repubblica copia maldestramente circa centodue anni dopo quel che diceva Marinetti: un iphone gli sembra più artistico di un libro di Foster Wallace (attenzione: nome spia…Forse Baricco vorrebbe essere uno scrittore di quel calibro, ma così va il mondo…). L’astuzia del neofuturista fuori tempo massimo starebbe nel privare la letteratura di quell’aurea che evidentemente deve essersi incollata addosso alla sua figura di scrittore fin dai tempi degli esordi televisivi. Qualcuno spieghi all’astuto Baricco che non si avevano già dubbi: la sua letteratura non è arte. E siamo contenti se ora può finalmente sentirsi uguale agli umani. Poteva farlo anche prima di scrivere i suoi romanzi, o anche senza scriverli addirittura. Dev’essere dura abbandonare una concezione così aulica di sé. Dalla perdita dell’”aura” Baudelaire ricavò e testimoniò una maledizione profonda e assoluta. Il Nostro invece non corre pericoli. Sceso da quel piedistallo, ci risale subito: nel nome della non arte, naturalmente. Ed ecco la copertina per il Grande Scrittore Non Artista– e non per il ciabattino. L’astuzia in questo genere di cose risulta oltre che ignorantissima, un po’ patetica. E fa sorridere, se non fosse che sparge banalità da una tribuna che meriterebbe maggior autorevolezza. Il demone dell’angoscia invece forse potrebbe riservarci qualcosa. Lo dico sul serio. Solo un grande angosciato, solo un uomo confuso intimamente e disperatamente infatti, può usare un servizio di copertina di un rotocalco per dire che l’arte che preferisce è quella della “sparizione”.  In questa somma contraddizione, ridicolissima e perciò miserissima, ho visto qualcosa che può sconfiggere i demoni eleganti. Qui intravvedo lo scandalo, la ferita, il disastro. Insomma qualcosa che potrebbe generare –prima o poi- un gesto artistico.