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Avvenire, In questa epoca onnivideotica

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Avvenire, In questa epoca onnivideotica

In questa epoca onnivideotica, trafitti come siamo sempre da immagini, spot, trailers, è successo, nei giorni scorsi, che un morente e un ottantenne abbiano fatto parlare tutto il mondo di “visione”. Parola che apparteneva alle esperienze della mistica, dell’arte e poi è svisata a indicare anche concezioni guida della politica, dell’economia, fino a parlare di vision di azienda etc. Che è appunto, vedere l’invisibole. Ma allora tutti visionari ? Jobs allo stesso modo di Trastroemer, il poeta vincitore del Nobel? E chi di noi non ha avuto almeno qualche momento visione, sogno o forse traveggole ? Forse le visioni di Jobs –se visioni sono state- le chiamiano ora così in tutto il mondo perché han dato vita a un impero tecno-economico prodigioso e invasivo e massiccio ? O quelle del poeta svedese perché han vinto il Nobel ? Valuteremo le visioni dal successo ? Avere visioni è una necessità umana. Non è un privilegio di pochi. Di certo mia nonna per avere la pazienza di servire mio nonno in tarda età aveva visioni, degne di quelle di Jobs. Senza visione infatti non si vive una vita veramente umana. Si vive a vanvera, sbattendo tra le cose, rotolando verso la propria fine senza rendersi conto di dove si è stati. Perché la visione è sempre donata a chi guarda il mondo come a una scena misteriosa, a chi si chiede: “ma cosa sta succedendo davvero qui ?”. Il mondo è una scena, lo ha detto san Paolo e un sacco di altri uomini pensosi e protesi oltre le apparenze. In questa scena cosa succede ? Alla visione accede chi guarda intensamente la scena. Ma oggi il rischio è che il mondo non ci appaia più come una scena. Molte forze hanno eroso negli uomini il senso che il mondo sia una scena dove sta accadendo qualcosa che vale la pena domandare e conoscere, come quando si guarda un film o una piece e si è tesi a coglierne la chiave, il senso. Si pensa spesso che questo posto chiamato mondo sia un ammasso casuale di fatti volti avvenimenti. Ma la parola caso è il volto laico –e più asettico, più “comodo” della parola mistero. Il grave è che molti dicono non ci sia niente da vedere davvero oltre le apparenze, che ogni segno è uguale agli altri, che abbiamo solo da scostare veli da altri veli fino ad arrivare al nulla. Forse qusta esaltazione del visionario Jobs dipende anche dal senso di mancanza di esperienza della visione che ci angustia. L’esaltazione di Jobs come visionario mi pare corretta se allora riteniamo visionario come lui non dico uno come Marconi –a cui dobbiamo il telefono- ma anche tanti più oscuri e meno ricchi inventori in settori meno attraenti ora e meno ricchi della ipertecnologia. L’inventore del tappo di sughero forse ha realizzato meno soldi o ha avuto meno media a disposizione, ma non è stato meno incisivo di Jobs nella vita del mondo. Il fatto è che abbiamo fame di visioni. Ci sono esperienze iniziatiche di vario genere che promettono di accedere a visioni eccezionali – si tratta di certo di proposte non cristiane, poiché nulla è più lontano dal cristianesimo dall’idea iniziatica della vita.