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IL BRACCIO, LÈVATI

IL BRACCIO, LÈVATI



Visione della Pietà Rondanini, in Milano.


Si narra che Michelangelo, a differenza di tutte le altre opere,
lavorò a questa Pietà per lungo tempo
fino a pochi giorni prima della sua morte, il 18 febbraio 1564.
Dapprima aveva progettato una Deposizione,
di cui nell’opera attuale, resta traccia
in un braccio che appare definito e staccato dal corpo della scultura
che si avviava invece ad essere una inconclusa Pietà, oggi ammirabile in Milano.







I

Il braccio, quello - -
perfetto, vano
mio sogno
o incubo - -

se ne va il tempo
dalla mia mano.

Il braccio
staccato dal corpo che se ne sta cadendo

là, perfetto
e lasciato

da una visione precedente, una dispersa
furia    

l’inutile braccio…

Lèvalo, dico a me
che non ho più forza,
lèvalo da lì, dico
a quel che di me
ancora in ombra non è

o lèvati, dico a lui, dai
un segno
che in te, arte,
non c’è bisogno di pietà che valga, un segno
che da un tempo senza dolore,
se mai c’è stato, risalga

lèvati, e quasi grido se avessi
ancora forza nel petto e non solo il cerchio
appesantito del colpo, il giro ormai
lento del martello

lèvati, moncone…

O lo dico a me, moncone io,
che così stanco nella mia notte,
o nella mia morte
sto cadendo…






II


Lèvati,
avanzo o cosa
di un vecchio sogno, visione
o solo disegno
nel buio crescente degli anni,
della mente

rompi la scena, vieni
da dove non c’è pena…

vieni dalla tua sospesa perfezione
dove c’è lui, il condannato
il versato
in quale definitivo?
provvisorio ?
svenimento…

Non restare fermo
come un incubo perfetto, antico.

Braccio orfano
della mia paterna, così vecchia
ormai, o materna
immaginazione - -

I vecchi immaginano più facilmente
sconcezze,
e io
cosa immaginare per lui
mio braccio così bello e nella notte
sperduto, figlio orfano e infinito

O io orfano di lui, della sua
vibrante perfezione…

braccio sgomento,
forse
d’esser lì,
accanto
a quella scena insostenibile
di lei che lo sostiene, povero
figlio ingrandato, e pestato
povero ragazzo perduto.
Lo tiene a fatica –

E forse
non ce la fa più,
lo lascerebbe andare,
lo consegnerebbe alla terra
o al bianco, a prima di ogni tempo
lei madonna, madonnina e mia
sempre cercata ragazza e rilievo…

No, non devo
rivolgermi a lei, che si sta
tutta avvolgendo

un’onda

ed è trasparente
nel pianto,
e io
così vecchissimo, forse divengo
trasparente guardando ?

non a lei devo rivolgere il mio volto –

o che ne resta, il mio
becco,
o scarnita
tempesta








III



Lèvati, braccio, dai almeno la mano –

Non vedi,
il suo bambino come s’è fatto grande,
strano

non è facile reggere
un figlio con la morte addosso

Lo vuol lasciare cadere ?

No, stai qui, sospensione,
nelle ombre della mia casa.

Io non so che rosa ho visto
per mettermi in testa
di dover cavare un’altra pietà.

Che posa,
che cosa
mancava a quell’altra,
la famosa, la formosa

ragazza così perfetta da esser posta
in san Pietro prima preda
dei flash dei turisti,
là, Dio che dorme,
esposto, 
lei, che allarga le mani…

Qui son neanche finite le mani…

C’è quel braccio, solo.

Viene l’età di morire,
il giorno o la notte che sia.

Buio, portami via
lévami da questa pietra infinita
che è diventata la mia vita…




IV


No, vieni, aiuta me.
Non farmi morire
con il moncone negli occhi…

non esiste niente di così stupido e grande

che aver lasciato un braccio
così perfetto, immortale,
con il mio braccio
che ormai solo mi duole

come l’anima mi duole…

Venite mie ombre,
avvicinatevi

venite nella mia casa dove sta solo la pietà
che non è compiuta

e si deve compiere sempre.

Venite ombre,
dalle finestre dove non vedrò l’inizio del giorno,
da dove non c’è ritorno, mi chiamo
Michelangelo,
venite a prendermi
reggetemi
finitemi.