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La barca maledetta dello Strega Splendida cloaca della narrativa

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La barca maledetta dello Strega Splendida cloaca della narrativa

Ieri sera a Roma assegnato a Alessandro Piperno. Complimenti. Il poeta non condanna lo Strega. Vede questo catino alzarsi, con una certa leggerezza, pur se si sente il rumore dei barattoli delle invidie

ROMA – Ci vuole un posto che sia splendida cloaca, e teatro e happening di ciò che chiamiamo narrativa. E che è anche inevitabilmente editoria, promozione, vanità, potere. Ci vuole un posto che sia il cortile, il cesto, il secchio di tutto quanto cola e scende a rivoli, a fiumi, a onde dal mondo che chiamiamo della narrativa e che in realtà è anche successo, soldi, tv… Villa Giulia in una sera di metà luglio, in una sera incantevole e fregona di Roma, è il catino dove bolle come una marmellata la gente che conta nella narrativa e in tutto il suo corredo. E dunque incastonato qui, in un luogo chiamato storia o cronaca insomma un posto non proprio pulitissimo né facile, il catino o gran cloaca o teatro della narrativa italiana ha svolto il suo compito. Che si chiama Premio Strega.

ANACRONISTICO E ELETTRICO - Un po’ anacronistico come il liquore stesso a cui è ispirato, e pur elettrico e grintoso come un animale che vuole sopravvivere in una giungla piena di nemici. E non c’è che dire: ieri in quella splendida villa romana si respirava un po’ un’aria da congiurati, da sodali, pur se c’eran tutti i coltelli affilati dietro le spalle e le chiacchiere micidiali tra i tovaglioli e le labbra. C’era gente ieri sera che di certo si odia. Che si disprezza. E che però sa che lo Strega è un pezzo della barca a cui tutti costoro sono attaccati. Pezzo maledetto di una maledetta barca. Che però è la barca di questi signori, volti noti o meno, che fanno i libri, che ci scrivono storie dentro.

ERANO TUTTI LI’ – Erano tutti lì ieri seraPerché si fa presto a dire contro lo Strega. Perché è insopportabile. Come il mondo. e perché ti ricorda che la letteratura è parte del mondo. Alla faccia di quelli che ne vorrebbero fare una religione, o un pezzo di paradiso in terra. Salvo poi viverla e abitarla come un maledetto, sporco, conveniente, bastardo pezzo di mondo. E’ facile dire contro lo Strega. Perché è irritante, imbarazzante la moina davanti ai fotografi della vecchia editrice che con completino rosso fiammeggiante e lustro manco fosse una stagionata star del cinema. Perché è patetica la passeggiata da consumato genio di un giornalista pistolone e furbastro. Perché un po’ di belle ragazze non mancano ma si vede che un sessanta per cento di loro non c’entrano.

CACIARONE MA SOFISTICATO ESERCIZIO DI INTELLIGENZA - E’ facile attaccare lo Strega. Perché è una cosa un po’ caciarona (ieri un autore Rai s’è beccato pure un pugno da un astante seduto a un elegante tavolo tra le prime fila) e un po’ esercizio di raffinatissima intelligenza. Perché è roba da tavolino di bar all’aperto dove si sta a sminuzzare le cose, le persone. ed è roba dove si punta ruvidamente, potentemente al sodo, ai quattrini che la fascetta e la promozione portano all’editore e all’autore.

LA POESIA INCIDENTALE DELLO STREGA - Alcuni attaccano lo Strega perché lo vincono le case editrici che pesano di più, che contano etc. Il che un po’ è ovvio. Naturalmente fa ridere l’atteggiamento di quelli che vogliono presentarsi come gli outsider e però vogliono lo Strega. Creino un premio di narrativa intitolato al Chinotto allora. Un premio migliore se riescono, un più vasto catino e cloaca e teatro. Ma ho sempre diffidato dei creatori di pezzi di paradiso in terra, fossero pure pezzi di paradiso della letteratura. Non ero mai stato allo Strega. I poeti naturalmente non c’entrano niente con lo Strega. Ieri ne ho incontrati un po’ lì come me in vario modo convocati nel catino cloaca gorgo per motivi secondari, per lavoretti, accidenti, corteggiamenti. E pure ce n’era di poesia, sparsa nei vari romanzi in gara. Come un virus, o un desiderio. O un fantasma. Ce n’era negli eserghi, nei personaggi, nei temi…

NON CONDANNIAMO MA SIAMO ALTROVE – Per questo ammirandolo da un altrove che non è né meglio né peggio, ma di certo è altrove, il poeta non condanna lo Strega con le occhiate del sociologo o del letterato invidioso. Vede questo catino alzarsi, vorticare nel cielo di Roma, perdersi. Con una certa leggerezza, infine, pur se si sente il rumore dei barattoli delle invidie, i raschi di qualche polemica, i sudori di qualche editor o ufficio stampa, le occhiate malinconiche di ex promesse, i segni di invecchiamento di tutti, le occhiate di qualcuno che pensa “ricordatevi di me”. Il gran catino vortica, si eleva pulviscolo della storia. Come un pullman di bambini che partono per la gita. La gita chiamata letteratura e che non è quella del poeta. Ha vinto il migliore, naturalmente. E a lui, Alessandro Piperno, vanno i complimenti da quest’altra riva della galassia.