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Intervista di Gabriella Fantato

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Intervista di Gabriella Fantato



della rivista "La Mosca" di Milano

1. che cos'è l'esperienza della poesia? L'esperienza si traduce a noi e per noi secondo ordinamenti lessicali e grammaticali predeterminati per cui nessun'opera giunge a se stessa o a noi de novo. Celan ha detto "non ho inventato nulla". Come può il linguaggio re-inventare, ri-petere chiedendo di nuovo ? se l'opera creata nasce dalla libertà di non essere o essere diversa, cosa s'inventa e cos'è l'invenzione che la letteratura e la poesia soprattutto rivendicano con insistenza ? il linguaggio tradisce e tradisce se stesso. Può dire contemporaneamente una cosa e il suo contrario, diventando falsità e oscurità. Come affidargli in queste condizioni quel supremo viaggio verso la verità, verso il "transfinito" ? come può essere un indicatore legittimo di ciò che sta al di là di lui stesso (Steiner) ? quali autori in questo senso rendono la poesia più vera, più presente ?

La lingua della poesia nasce come tensione, come entrare in tensione sempre nuovo, di fronte alla provocazione del reale. E' una lingua che ascolta un'altra lingua e ne risuona. E certo questa tensione non è una faccenda meccanica, ma c'entra con libertà dell'uomo, dunque con la possibilità che l'uso che egli fa della lingua sia verso la menzogna e verso l'allontanamento dal vero del reale (che è ultimamente mistero). Il viaggioverso il segreto del reale non è una proprietà meccanica del linguaggio. La libertà è la natura di quella tensione in cui entrano le parole, facendosi ritmo, evocazione, immagine, discorso musaico, quando la realtà in qualche suo particolare ispira (cioè dà fiato, respiro) a chi è poeta, cioè a chi è attento, a chi ascolta.
In questo senso i poeti migliori son quelli non "egoisti", come diceva Rimbaud, ovvero quelli per cui l'avventura personale, come in Dante, è viaggio autorevole, cioè che aumenta la vita di tutti, come coscienza critica, e dunque come risveglio della libertà.


2. poesia come inseguimento di tutta la vita/ che c'è nella vita…perché ogni cosa ha un segreto/se non lo domandi scompare?

Il segreto dell'esistere può non apparirci più, se non eccezionalmente e in cose traumatiche, se non impariamo a vederlo, a vederlo sempre. Tale imparare non è il frutto di uno sforzo, ma di una educazione. Ad esempio, a chiedere, invece che a pretendere si impara per educazione…

3. dunque una scrittura con l'ambizione impossibile di essere vasta e inafferrabile come la vita stessa, o una parola umile, arresa alla coscienza dei propri limiti?

La scrittura è un'azione della vita, dunque ne partecipa del desiderio e della coscienza del limite. Ma il limite non è contrario al desiderio, semmai è sua condizione.

4. poesia come avventura nel senso della realtà verso l'alterità presente, misteriosa e infinita ?

Tutto è alterità. J'est un autre, diceva ancora Rimbaud, al fondo stesso del mio "io" c'è qualcosa che non è mio, che non governo. L'altro è la grande legge dell'esistenza, come regola elementare per appartenere all'Altro che tutto crea.

5. bisogna aiutare la verità a non fermarsi in se stessa come diceva Bigongiari?
Sì, nel senso che interrogando, come faceva lo "zio" Piero Bigongiari, mettendo sotto interrogatorio l'enigma dell'esistenza si compie un movimento dal mistero a me e di me nel mistero, ovvero nella mia condizione naturale. La verità è per sua natura viva, non ferma. La verità dei matematici forse può esser ferma. L'amore, l'altra parola con cui si nomina Dio, il vero, è azione, movimento, non staticità.


6. stupore e "letizia" invece che disincanto. Il poeta brucia dentro e con la realtà?

Ho parlato di queste cose nei miei saggi di "Non una vita soltanto". Più che di una rigida opposizione si tratta di accenti prevalenti. Intendo che l'arte pone sempre l'accento sulla conoscenza per stupore, sulla possibile traccia di letizia nell'esperienza del mondo (anche nell'esperienza della miseria e del crollo, come tracce sperdute, come domande). Il disincanto degli scettici finisce per annullare il lavoro dell'arte.

7. compito del poeta è conoscere le cose con un'appropriazione d'amore?
E' questo il compito di chiunque ama. Chi ama conosce. Non c'è conoscenza autentica di un fenomeno umano senza partecipazione d'amore.

8. a cosa del mondo assomiglia la musica si domandava Leibniz.a cosa del mondo assomiglia la parola poetica? l'interrogativo ce lo poniamo oggi allo stesso modo di Dante e gli stilnovisti come afferma Maria Corti?
Sì, allo stesso modo. E assomiglia a tutto, essendo una cosa unica, e infatti continua ad esistere come specifico.

9. come si configura rispetto al precedente "Il bar del tempo" questo tuo nuovo libro "avrebbe amato chiunque" ?

Ah, ditelo voi…Io lo avverto più estremo, più duro anche, più abbandonato e, se così si può dire, più rischioso…Il titolo, del resto…Però, come mi è accaduto ascoltando mio figlio di sette anni, anche un bambino può capirlo, cioè entrare nella sua necessità…

10. la sua trama d'insieme ha una strategia compositiva che finisce col coincidere con la pratica di una poetica vera e propria?

Non pratico una poetica. E più che trama d'insieme direi la sua voce, la sua distinguibile povera voce


11. siamo ancora ospiti della creazione dice Steiner. Il grido infinito del poeta dell'era post-pasoliniana deve al nostro ospite il suo domandare?

Se ho capito bene quel che chiedi, sì.