hacklink al hd film izle php shell indir siber güvenlik android rat duşakabin fiyatları hack forum fethiye escort bayan escort - vip elit escort hacklink güvenilir forex şirketleri
La poesia ha sempre cercato l'Oriente

In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)

La poesia ha sempre cercato l'Oriente

La poesia ha sempre cercato l’Oriente. Da quelle terre veniva e viene la voce di poeti che –secondo quanto illuminato da Avernicev in “Atene e Gerusalemme”- richiamano a una esperienza della voce e della scrittura che si libera dal “nome”, dal cerchio piccolo dell’io dell’autore, dalla firma (e dalla fama) e dalla biblioteca come orizzonte e luogo di verifica. Il poeta che guarda a Oriente sa che alla radice delle grandi esperienze di poesia c’è una specie di sperdimento dell’io in qualcosa di più grande –e che non è la letteratura. I nomi misteriosi di Omero, ma anche dell’Autore dei Salmi, o anche il mistero che circonda i manoscritti della Commedia o di Shackespeare, hanno sempre invitato a considerare quale luce segreta e vasta stia sotto il sorgere del fenomeno poetico, al pari della vita. Possiamo seguire lo sguardo rivolto alle diverse terre d’Oriente da poeti del passato come Rimbaud, Pound o Marinetti o dall’ebreo Ginsberg e altri della cosiddetta beat generation. E più recentemente da Luzi, Conte, Mussapi, Damiani. Un Oriente che non solo dona grande poesia, ma una sorgente che contrasta il rischio egotico di molta letteratura. Roberto Carifi, poeta e pensatore inquieto e profondo, ha ora dedicato la sua intera recente opera, “Tibet” da tempo attesa e meritoriamente edita da “Le lettere” alla sua esperienza personale traversata dalla sapienza orientale. Il tempo con le sue ferite può essere letto –come in ogni seria esperienza sapienziale - non come una cattura. Il “tibet” di Carifi presenta e canta con luce ferma e diffusa l’annullamento della storia e quindi della morte. Il venire meno di forze e di vita può svelarsi avventura di un grande acquisto. E’ una delle due grandi opzioni possibili di fronte alla tentazione dell’annichilimento tragico, provocato da esperienze personali o collettive. L’altra possibilità è quella cristiana, la resurrezione. Che non nega il tempo e il suo valore drammatico, ma forza le porte del suo presunto dominio, come grida e mormora la poesia di Eliot o Dylan Thomas.  Dice un bel verso, tra i tanti netti e densi e luminosi, questo buon libro di Roberto Carifi: “E non c’è morte, una soltanto,/ che si distingua dalla vita”.