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Di lui i migliori dicevano che fosse il migliore

In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)

Di lui i migliori dicevano che fosse il migliore

Di lui i migliori dicevano che fosse il migliore. Dante lo vede come pupilla dell’aquila celestiale. Petrarca, dormiva con il suo libro –regalatogli da Boccaccio- sotto al guanciale. Il migliore, il re dei poeti, Davide, l’autore dei Salmi. Tanti nei decenni scorsi hanno provato a ritradurre quel libro, o a scrivere altri salmi a volte sconvolti. Come Celan, o La Tour du Pin. Ancora lo fanno. Vertice dei Salmi è il “Miserere”, il lamento che cerca la misericordia. Dante pronuncia proprio quella come prima parola nella Selva. E il Miserere come poesia e supplica risuona in questo tempo che precede la pasqua cristiana. E’ la supplica dell’uomo che è re ed è sperduto. Risuona ad esempio nella notte di Sessa Aurunca, canto che lascia attoniti, di bellezza straziante, cantato dagli uomini del paese, nel buio dei venerdì di Quaresima. Per tutta la notte lo cantano. Miserere che si alza dal centro dell’Italia, per tutti, per chi crede o per chi vuole credere, come ha detto Giovanna Marini l’altro giorno proprio a Sessa Aurunca chiamata con Ambrogio Sparagna, Tommaso Ricci e il sottoscritto a commentare il millenario misterioso canto di questa poesia. E’ passata di bocca in bocca, da quella del Re dei poeti e d’Israele a quelle di miliardi di uomini, ognuno un re sperduto. La storia di questi giorni ci consegna di noi uomini l’immagine di un re fragile. Attraversato e capace di essere attirato dal male. Di fronte al mistero del male il re sperduto, il migliore poeta, si sbilancia verso la misericordia del Dio che si è sbilanciato verso il suo popolo. Nel centro d’Italia uomini cantano e custodiscono questo sbilanciamento, questa poesia, le danno la loro voce potente e dolcissima. La loro violenta e irrefutabile forza e il dolce affidamento. Poesia belato, alta e umile. Come è sempre la poesia quando è grande. In questo nostro tempo, spesso la poesia sembra ridotta a un genere letterario laterale. Così lo considerano spesso gli editori, gli insegnanti, i media. Ma lei torna nelle notti degli uomini. E trova parole millenarie e future. Le uniche veramente adeguate per noi re bambini, sperduti nel mistero dell’esistenza: “miserere mei, Dominum, secundum magnam misericordiam tuam…”