In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)
Senza segni una civiltà è morta
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A proposito del libro di S. Luzzato "Crocefisso di stato" Einaudi.
A me, cristiano, il libro di Sergio Luzzatto non persuade, anche per la
scelta del pamphlet come strumento di comunicazione. Per affrontare un tema
di così vasta portata occorreva un altro passo. Mi pare che l'autore
dimentichi come da quel giorno sul Golgota, fino ai giorni nostri per il
fatto d'esser cristiani, in molte zone del mondo, c'è un sacco di gente che
ha perso la vita. A quest'odio che si fa più cupo non a caso quando fa i
conti con la carnalità scandalosa del crocifisso, i cristiani han spesso
risposto facendosi il segno della croce, graffiandoselo nel cuore o sui
muri, tessendolo in segreto con misera canapa, con fili di ferro e di
lacrime. Come il nome di un amore. O alzandolo su vessilli. Mai
nascondendolo dalla scena della storia. Nelle più oscure fosse di dolore
sono stati fatti crocefissi di ogni genere, minimi e segreti, per guardare
il senso della pena. Per la mia fede, stracciata e semplice che ci sia o no,
Gesù esposto nelle aule di scuola non cambia niente. So dove inginocchiarmi
di fronte a Lui. Ma a me, come italiano, fa piacere: significa che questo
paese, dove da tutto il mondo vengono a vedere luoghi in buona parte legati
alla storia e all'arte nate e sviluppate con il cristianesimo, è fatto non
solo di istituzioni ma anche di anima e storia, di vita. Così come sono
soddisfatto di vedere esposti simboli di origine religiosa o no in tanti
luoghi pubblici in giro per il mondo.
Secondo "Il crocifisso di Stato" invece la croce esposta è sintesi di tutti
i mali italiani (a proposito, come la mettiamo con la bandiera della
Svizzera, paese dove l'autore ha scelto di vivere, visto che ha la croce
sulla bandiera nazionale stessa?). Per Luzzattoi ogni religione dovrebbe
ritirarsi nello spazio del privato e se la prende quindi con chi non
condivide la sua tesi. Natalia Ginzburg, per esempio, viene definita
"melensa", poiché ricordò in un suo articolo sull'«Unità» che il crocifisso
esposto non fa male a nessuno e mostra un elemento vitale della nostra
civiltà: guardare alla vita con pietà. Perché bollare come "melenso" il
ragionare dell'esponente di una famiglia sfregiata con il sangue? Luzzatto
poi ce l'ha con il presidente Giorgio Napolitano che, da ministro, non
rispose ad alcuni di coloro che sollevarono il problema del crocifisso nei
luoghi pubblici. Prende di mira molti,da Travaglio a Mussolini, da Padre Pio
a Giuliano Ferrara. Il parlare in nome della Storia e della Scienza non lo
esime da contraddizioni: rilancia l'idea che il crocifisso sia stato nel
Medioevo segno di guerra a cui fedeli d'altre religioni han dovuto reagire e
poi ricorda le ingiurie portate in epoca precedente da fanatici ebrei alla
croce.
Racconta le vicende gravose di coloro che con tenacia han voluto portare
davanti a giudici e presidenti il loro sentirsi offesi dalla presenza del
crocifisso. Storie rispettabili e comprensibili, ma con le quali l'autore
stesso finisce per trovarsi in disaccordo. Costoro, "offesi" dal crocifisso,
non volevano nessun simbolo. Luzzatto deve invece convenire con il mio amico
prof. J. Weiler, insigne giurista ebreo di New York che ha difeso a
Strasburgo il ricorso dell'Italia e d'altri paesi contro l'ingiunzione di
togliere i crocefissi dai luoghi pubblici. Weiler infatti - con brillantezza
e humour, presentandosi con la kippah d'ortodosso ebreo per difendere il
crocifisso - ha mostrato ai giudici che non è possibile in questo genere di
faccende arrivare a un grado zero di problema. I simboli religiosi non vanno
"laicizzati", ma letti per il valore che hanno a riguardo della storia di un
popolo. Cittadini britannici potranno sempre sentirsi offesi dal fatto che
nel loro inno ci si rivolga a Dio. Eliminando tali parole si sentirebbero
offesi i credenti. In ogni caso non si può negare il valore di tali parole
per la storia di quel paese. Insomma, la storia non sopporta l'inseguimento
dell'attrito zero. Inutile invocare simboli buoni che "uniscono" contro
cattivi che "dividono": ogni segno porta con sé la necessità della
comprensione e della tolleranza. Il muro bianco è solo negazione di ogni
storia. Una civiltà che non dà luogo a segni condivisi - come è il
crocifisso - è civiltà morta. Perciò Luzzatto finisce il pamphlet
riproponendo l'idea di sostituire il crocifisso con l'elica del dna, unico
simbolo che ci accomunerebbe. Ma non è proprio il dna ci distingue?
Dividendo i malati dai sani, i fortunati dagli imperfetti, i bassi dagli
spilungoni...