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Ci mancava la polemica sulla pausa pranzo

In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)

Ci mancava la polemica sulla pausa pranzo

Ci mancava la polemica sulla pausa pranzo. Ormai la politica tende a voler discutere di tutto. Tra un poco ci faran discutere “politicamente” anche della sigaretta dopo il caffè, o del bicchierino dopo cena. Invece di parlare della redditività o meno della pausa pranzo noi vogliamo parlarne, in versi, come luogo di rivelazioni. Anche in mense stipate o in bar sovraffollati la pausa del pranzo può essere il momento di strane epifanie, di incontri inaspettati, di rinnovamenti di sguardi. C’è una poesia di Maurizio Cucchi che ho sempre amato nella sua spoglia semplicità. E’ una pausa pranzo. Uno dei protagonisti di questo pranzetto nudo, spoglio è forse il padre del poeta che lo immagina a distanza di tempo. Un’azienda milanese come tante, un cognome lombardo comune,due colleghi. In gesto e un silenzio rivelatori di un destino. Perché le pause pranzo, sì, anche questo tempo feriale e sommesso, sono momenti in cui riveliamo, volendo o non volendo, il nostro destino irripetibile, e la coscienza che ne abbiamo. Da “L’ultimo viaggio di Glenn”, del 1999. “Forse Bernasconi/ era stato con lui telarista all’Olympia.//Un pranzo nel sole pacifico,/ dolce attraverso i vetri./ A tavola c’è una brocca, o una saliera,/e lui, trasognato, toccandola/gli aveva detto: ‘Ci fosse lei,/ ama le cose fini’. E qui chinò la fronte/ e rimase turbato.// Forse cercava in lui una speranza,/ l’ultimo credito umano e materiale.”