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Viviamo in un'epoca di ansia e astrazione

In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)

Viviamo in un'epoca di ansia e astrazione

Viviamo in un’epoca –come annunciano i grandi poeti del ‘900 Péguy, Auden, Pasolini- di ansia e astrazione. Vite ansiose, trattate in modo astratto, senza rispetto per la fisicità delle cose, senza cura vera per la nostra stessa carne. Curiamo l’immagine, non la realtà. Siamo affannati tra video e ansiolitici a domare il reale sentito come avverso. E si vive risentiti. Però in questo andamento generale a cui non sfuggono nemmeno le arti della politica e spesso della cultura, arrivano le voci di taluni poeti, non importa quanto conosciuti o editi da marchi autorevoli. Viene la irrefutabile autorevolezza della loro voce dove la vita è investita di cura e di desiderio. Di passione e di inseguimento. Come ricorda la citazione da Nietzsche che apre il libro intenso di Irene Ester Leo, giovane, antichissima e futura poetessa di Lecce: “perché questo impulso verso il vero e il reale, perché questo batticuore fosco e impetuoso insegue proprio me ?” Somiglia a queste parole la stoffa e l’andamento della sua raccolta dal pavesiano titolo “Un terra che nessuno ha mai detto”, Edizioni della sera. Poesie che in modo anche divagante e a tratti ancora incerto ci portano nel vivo di quel “fosco batticuore” ovvero rischioso, misterioso battito. E soprattutto ci parlano di una esistenza –la sua, la nostra- fatta di dolori e amori che si sporgono come cavalli ad abbeverarsi all’acqua desiderata dell’autentico. O come mani che si aprono in suppliche violente, a occhi aperti nel buio o in una luce non nostra. Una parola “solida, terrestre, decisa” come dice Andrea Leone in prefazione. Irene E. Leo ha l’amorosa violenza di ricordarci la pasta di cui siamo fatti, come in questi bei versi: “Le mani aprirono piano i pugni/ divergendo dalla materia (…) E poi lo specchio degli occhi raccolse il senso/ donando agli alberi costituiti radici verso l’alto./ Lì presi dimora”.