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La caduta della giovinezza

In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)

La caduta della giovinezza

Ci sono ragazzi che arrivando alla maturità sentono tutto il rischio della perdita. La caduta della giovinezza e la caduta di tante cose intorno come passaggio rischioso. La caduta degli amori, la caduta di una civiltà. Due poeti poco più che trentenni, diversissimi e a mio avviso solidi e autentici parlano anche di questo in due libri usciti in questi mesi. Uno è il recentissimo, prezioso, eccentrico “La caduta di Bisanzio” (Jaca Book) di Alessandro Rivali. E’ una voce che già si è imposta, come nota Roberto Mussapi firmando la quarta di copertina, per la ricchezza che le viene dal seguire percorsi meno battuti della poesia novecentesca, “epica, dai bagliori poundiani”. Rivali ha visioni, sente il drago dell’epoca, risale a passaggi e luoghi emblematici della storia, a riti iniziatici, tra la Tazza Farnese e S. Giovanni della Croce, per darci nei suoi versi assonanti ai ritmi classici e però con improvvise contrazioni, il vivo del dramma che è la storia: la lotta tra la dissoluzione e l’eredità. Libro forte ma che, a mio avviso, non si comprnede appieno senza avvertire l’ultrasuono di una infinita tenerezza, intesa come permanenza della pietà anche nei momenti estremi della caduta:“Dio accarezza i perduti/con la mano di un cieco/ che sfiora angoli e onde/ e ritorna sul volto degli amici.” All’opposto di Rivali sta la voce di Francisca Paz Rojas, stupenda visionaria ferita, autrice di un suo primo intenso libro “Arsenale” (Zona). Qui non è la caduta di una città, ma il naufragio di amori e legami che però si vorrebbe vedere ancora salpare da un segreto arsenale dell’anima. Custode del vuoto e delle ferite, la voce della poetessa si accende: “Io so solo leccare la ferita/ comprendere il vuoto (…) –e non riemergo/ vado con la spalla in fondo/ dove solo una metafora persiste: - scappano via, pesci, i tuoi visi”. Ma non è mai definitivo il vuoto. Lei sa che “Se mi metto le ali necessarie/ se ti invoco/ e presentiamo insieme lo sfiorare/ del vero/ se giovane potesse essere la nostra parola/ l’intimità ci trovasse/ il finito, l’infinito/ rovistando, pregando, martellando/ se di fronte alla consegna delle ore/ noi dicessimo vita e andassimo avanti/ restituendo la grazia coi denti/ sulle scarpe di chi camina/ e senz’addio comprende”.