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La terra degli umani

In che verso va il mondo (Sole 24 Ore)

La terra degli umani

La terra degli umani è in crisi, dicono tutti i giornali. Crisi dell’economia, sacrifici, pene per molti e fatica. I poeti in questi momenti che devono fare, tacere ? Parlare come sociologi ? O far divertire il gentile pubblico, distrarre ? Oppure forse devono fare come fa ad esempio questo libro recente, dal titolo strano che suona: “L’incoronazione degli uccelli nel giardino”, scritto da Roberto Mussapi, per Salani editore. I poeti possono far alzare gli occhi agli uomini presi nelle loro fatiche e far vedere qualcosa che sembra non avere niente a che vedere con la crisi, la pena e con le possibilità di riscossa etc. Lo han sempre fatto. Quando raccontavano storie di viaggi meravigliosi, di Ulisse, di Enea. O di amori che portano a rivedere tutto, e al cuore di tutto come Dante. Aprono mondi che sembrano altrove, e che però rivelano qualcosa che c’entra, eccome, con la vita qui e ora. In questa specie di favola in versi pieni di suono e di movimento, Mussapi ci racconta di uno strano fatto, che accade ogni cento anni. Da ogni luogo –mari, savane, giungle, boschi- gli uccelli si radunano la notte del dieci agosto per incoronare il loro re. In queste pagine adatte a ragazzi e adulti si ritrovano pennuti con nomi strani –Veronique, Samuelcook, Johnny Manga, Marrascabeddu e lei la dolce Neferti- per scegliere il prossimo re. Ognuno una storia, un canto, un carattere. Cormorani, gufi, chiurli, aironi… “Perché vanno d’accordo pesci e uccelli ?” si chiede all’inizio il poeta. “Bé è ovvio perché sono belli”. Poi però prosegue: “Non basta essere belli, è necessario/ avere in sé quel dono straordinario/ di fondere il silenzio con il canto/ quel dono che suscita l’incanto/ in noi umani e ci fa ricordare/ qualcosa che abbiamo smesso di imparare.” Nei momenti delle peggiori crisi i poeti ricordano agli uomini qualcosa che “hanno smesso di imparare”. Lo faceva Eliot nei duri anni ’30: dov’è la conoscenza che abbiamo perduto nell’informazione? Non a caso l’incoronazione finale sceglie l’alato che nei nostri giorni può ricordarci con la sua semplice quotidiana prossimità la presenza del cielo, del volo. La lieta libertà che non coincide con il possesso di ricchezze.